Yara Gambirasio: Bossetti interrogato si rifiuta di parlare


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Mi avvalgo della facoltà di non rispondere Così, con queste poche parole, Massimo Giuseppe Bossetti ha rifiutato l’ultima possibilità di dare la sua versione dei fatti al pm, Letizia Ruggeri, e agli inquirenti che volevano interrogarlo. L’ultimo interrogatorio prima di chiudere le indagini sull’omicidio della piccola Yara Gambirasio, 13 anni appena, scomparsa da Brembate, Bergamo, il 26 novembre del 2010 e ritrovata tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, in un secco campo di Chigndlo d’isola, un paese del circondario. L’interrogatorio era stato programmato da tempo, e gli inquirenti sono andati nel carcere di via Gleno a Bergamo, dove Bossetti è recluso dal 16 giugno, proprio per sapere se avesse qualcosa da aggiungere o se avesse riflettuto sul suo caso. È stato chiesto se la difesa intendesse proporre altri elementi o aveva indicazioni investigative. E quando si è trattato di inizia- re il vero e proprio interrogato- rio, è arrivata la dichiarazione di Bossetti che, con fare deciso, si è sottratto alle domande degli inquirenti. Nemmeno il tempo di fargli una domanda: nulla è finito a verbale. La difesa, dunque, ha preferito il muro contro muro. Una volta fuori dal carcere, gli avvocati di Bossetti hanno accusato esplicitamente la procura: «Bossetti è stato torturato, fanno pressioni per farlo confessare, anche il parroco del carcere, don Fausto Resmini, ha tentato di estorcergli una confessione», hanno detto Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni. Pronta la risposta del procuratore capo della Repubblica di Bergamo, Francesco Dettori: «Garantisco la correttezza e l’operato della procura. Cerchiamo riscontri alle indagini e non sottovalutiamo elementi eventualmente a favore dell’indagato». Pronta anche la replica del parroco del carcere di Bergamo, che ha detto di avere con Bossetti un ottimo rapporto e di vederlo a messa ogni domenica. La procura, dunque, si appresta a chiudere le indagini e il fascicolo. Una volta concluso l’iter, questione di giorni, potrebbe anche decidere di andare a processo immediato. Cosa significa? Che il pm pensa di avere per le mani una prova fortissima, e che dunque chiederà di saltare la fase dell’udienza preliminare, portando co§ì subito Massimo Bossetti davanti al giudice. Intanto, a breve altri giudici dovranno occuparsi di Bossetti. La Cassazione si dovrà pronunciare infatti sul nuovo ricorso presentato dagli avvocati del carpentiere per la sua scarcerazione. Dopo che la richiesta di scarcerazione è stata respinta dal Tribunale del Riesame, infatti, qualche tempo fa i legali hanno deciso di impugnare il provvedimento e appellarsi in Cassazione, che è l’ultimo grado di giudizio. Che cosa potrà succedere? I giudici potrebbero smentire quelli del Riesame e liberare il carpentiere? È un’ipotesi davvero improbabile, perché le prove contro Bossetti sono così tante e così pesanti, che pensare alla scarcerazione è difficile. Inoltre, contro Bossetti c’è la cosiddetta “prova regina”, cioè il suo Dna trovato sui vestiti di Yara, leggings e mutandine.

“IL KILLER E MANCINO” I PERITI SMENTISCONO ce Per l’accusa, dunque, non alcun dubbio: a sferrare i colpi mortali con un taglierino è stato Massimo Bossetti. I magistrati, nelle 23 pagine dell’ordinanza con cui hanno deciso di tenere Bossetti in carcere, hanno smontato punto per punto la tesi della difesa. Hanno scritto infatti i giudici del Riesame: «f autore del delitto si accaniva sulla vittima con plurime coltellate e la abbandonava agonizzante. L’indifferenza alla sorte dell’offesa dimostra mancanza del benché minimo scrupolo». Ma questa è solo una piccola parte dell’ordinanza. Le 23 pagine sono un condensato di accuse contro Bossetti. Gli inquirenti ritengono che Bossetti abbia agito da solo e con un’unica arma. In questi giorni la difesa ha ipotizzato la presenza di più assassini e Fuso di tre diverse armi: il cutter, un coltello a serramanico e un coltello con la punta a scalpello. Si tratta di ipotesi smentite dagli investigatori, i quali, invece, parlano di un’unica arma e, di conseguenza, di un solo killer. Negli ultimi giorni i legali dell’indagato hanno fornito anche una nuova versione di come si sarebbero svolti i fatti, ad- ducendo che il killer sia mancino. Lo avrebbero dedotto dal tipo di tagli inferti sulla vittima. Questo particolare, per gli avvocati, scagionerebbe il loro assistito, che non è mancino bensì destrorso. Ebbene, riguardo a questo ennesimo tentativo da parte della difesa di discolpare Bossetti, gli inquirenti, che per quattro anni hanno studiato la scena del crimine e la dinamica del delitto, hanno smentito categoricamente. Si tratta di una teoria totalmente priva di fondamento. Dai tagli su Yara non si può assoluta- mente dire che l’assassino fosse mancino.

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