Per chi conosce Alessandro Florenzi, non sorprende il gesto con cui domenica scorsa ha coronato il gol del 2 a 0 della Roma al Cagliari. Alessandro, per chi non lo sapesse, ha attraversato il campo ed è salito in tribuna ad abbracciare nonna Aurora, 82 anni. Florenzi nasce nella Capitale 23 anni fa, quartiere Vitinia. Inizia a giocare a calcio nelle giovanili della Roma sotto l’ala di due totem giallorossi come il campione del mondo Bruno Conti e il papà di Daniele De Rossi, Alberto. Esordisce in serie A con la Roma a 20 anni appena compiuti, subentrando al capitano, Francesco Totti. Una benedizione per un giocatore cresciuto all’ombra del Cupolone e del Capitano. Dopo una stagione in prestito al Crotone, Floren- zi torna a vestire la maglia della squadra della sua città. È il 2012, e Alessandro percepisce uno stipendio annuo di 30 mila euro, il minimo sindacale, che risale ai tempi delle giovanili, gira su una Lancia Y scassata e con quella va a prendere la fidanzata Ilenia al Quartuccio, quartiere popolare di Primavalle. Oggi le cose sono cambiate, ma Florenzi è rimasto lo stesso, anche se è un punto di riferimento per la Roma (i compagni lo chiamano affettuosamente “Frodo”, come il personaggio de II signore degli anelli) ed è una promessa della Nazionale. È stato un gol sbagliato direcente in maglia azzurra con la Norvegia ad aver convinto la nonna a incoraggiarlo: “Domenica vengo allo stadio solo per vedere te, ma tu vieni a salutarmi”. Florenzi fa ancora di più, dopo aver messo a segno il gol del 2 a 0 contro il Cagliari dribbla i compagni e corre in tribuna a salutare la nonna. «È stata una grande gioia», ha raccontato Aurora, «ho pianto perché anche mio marito Nisio giocava a pallone e mi è tornato in mente. Non ero mai venuta allo stadio per problemi di salute. Quando ho lasciato Ostia per l’Olimpico, ho chiesto ad Alessandro di venirmi a salutare se avesse segnato. Ha mantenuto la promessa». Le ha fatto eco Florenzi: «Lei ha una certa età, non era mai venuta allo stadio e, dopo la partita in Nazionale in cui mi ero mangiato quel gol, mi ha detto: “Allora la prossima volta non ti preoccupare, vengo io allo stadio per la prima volta e segnerai”», dice Florenzi, e ha aggiunto: «Le avevo promesso che sarei andato da lei se avessi fatto gol, ogni promessa è debito, con lei ancora di più. Sono contento di averle dato questa gioia, la volevo condividere con tutto lo stadio». Non è la prima volta che Florenzi conquista le prime pagine dei giornali: lo scorso gennaio salì alla ribalta per un gol in rovesciata contro il Genoa che rimarrà nella storia. “Se faccio una rovesciata come Florenzi, smetto” disse, scherzando, Francesco Totti. Già allora si celebrò il mito di questo ragazzo umile che ha lottato per imporsi e ora può raccogliere la meritata gloria. Il confronto con Mario Balotelli e le sue Ferrari, i suoi amori volubili, le promesse non mantenute, il talento sprecato, l’esuberanza sui social, a questo punto, non è casuale. Perché la copertina, per una volta, va a un ragazzo che non si fa notare per le sue bravate, per gli eccessi, per la ricerca spasmodica di attenzione media- tica. Florenzi è uno low profile, un artigiano del calcio capace di sorprendere con le sue invenzioni. Una rovesciata, un gol d’astuzia, un salto in tribuna per un abbraccio da libro Cuore. Lo fece anche Balotelli, nel 2012 agli Europei con sua mamma. Ma questa è l’unica cosa che hanno in comune
Alessandro Florenzi, il volto buono del calcio grazie a nonna Aurora
1832