Tfr in busta paga, ogni anno tra 800 e 1.500 euro in più


Tfr in busta paga su base volontaria senza prelievo fiscale aggiuntivo per il lavoratore. È questa la linea su cui si attesta il governo nel tentativo di portare a termine l’operazione liquidazioni, confermando anche l’altro paletto che riguarda le imprese, ossia la messa a punto di un canale finanziario alternativo con la partecipazione delle banche. L’ipotesi a cui lavora l’esecutivo prevede una sola erogazione all’anno, nel mese di febbraio, manon è escluso che si opti per i versamenti mensili. Nel primo caso – supponendo un trasferimento totale e non parziale – per le retribuzioni comprese tra i 15 mila e i 30 mila euro scatterebe una dote netta compresa tra i 67 e i 130 euro. Somme che ovviamente andrebbero dimezzate nell’eventualità in cui alla fine venisse preferita un’erogazione del cinquanta per cento. Questo conteggio si basa sull’impegno dell’esecutivo dimantenere l’attuale tassazione sostitutiva più favorevole di quella che si determinerebbe assimilando gli accantonamenti del Tfr all’Irpef ordinaria. In quest’ultima eventualità infatti sulle somme si applicherebbe l’aliquotamarginale e la crescita dell’imponibile ridurrebbe anche l’importo delle detrazioni per lavoro dipendente e per carichi di famiglia; inoltre andrebbero versate anche le addizionali comunali e regionali. Insomma il prelievo sarebbe ben maggiore, superiore al 30 per cento. IL SISTEMA IN VIGORE Il sistema in vigore garantirebbe invece normalmente un esborso un po’ più contenuto, anche se probabilmente non mancherebbero le complessità applicative. Attualmente infatti la liquidazione viene tassata per la parte capitale (al netto delle rivalutazioni annuali sottoposte ad indexun prelievo ad hoc) con un’aliquota media che viene determinata provvisoriamente dal datore di lavoro e poi in via definitiva dall’Agenzia delle Entrate dopo alcuni anni. Dunque sarebbe probabilmente necessario trovare una procedura più rapida. Non ci sarebbe invece imposta sui rendimenti proprio perché i versamenti della liquidazione vengono trasferiti al lavoratore e non più accumulati in attesa dell’uscita dall’azienda. Altre criticità sono state ricordate ieri dalla Fondazione Studi dei consulenti del lavoro. Una riguarda coloro che nel 2008, anche in seguito alla campagna del governo, avevano accettato di trasferire gli accantonamenti della liquidazione al proprio fondo di previdenza integrativa, con l’obiettivo di rendere più consistente il trattamento pensionistico futuro. Se l’opzione per un utilizzo immediato del Tfr fosse estesa anche a loro, le conseguenze potrebbero essere negative per un comparto, quello delle pensioni complementari, che già non naviga in buonissime acque. Il danno non riguarderebbe solo che scegliessero volontariamente di ridurre il proprio contributo, ma anche gli altri, per la riduzione della massa destinata agli investimenti. LE COMPENSAZIONI C’è poi il nodo dei dipendenti pubblici. Nella bozza su cui sta lavorando Palazzo Chigi l’opzione Tfr in busta paga riguarderebbe tutto il mondo del lavoro dipendente, ma al momento a livello tecnico non sono allo studio soluzioni specifiche per gli statali. La loro inclusione presenterebbe ulteriori difficoltà tecniche perché i versamenti che li riguardano – essendo lo Stato il datore di lavoro, sono virtuali e dunque trasformarli in erogazioni effettive comporterebbe un notevole sforzo aggiuntivo in termini di cassa. Infine resta la questione di compensare le imprese, in particolare quelle piccole, per la perdita di liquidità. La soluzione allo studio dipende da una serie di variabili – prima fra tutta le effettive scelte delle banche – che non sono facilmente definibili nell’arco di pochi giorni.

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