Art. 18 Arrivano le nuove regole su reintegro e ammortizzatori


Un elenco preciso dei casi considerati «particolarmente gravi» che daranno diritto al lavoratore al reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento disciplinare. Un indennizzo rafforzato negli altri casi, che potrà essere accettato anche unilateralmente dal datore di lavoro nel caso in cui il giudice dia ragione al lavoratore censurando il licenziamento. Il governo lavora sul filo di un difficilissimo equilibrio per tenere insieme le pressioni della minoranza interna del Partito decisa a non arretrare rispetto alla formulazione inserita nella mozione approvata dalla direzione del Pd, e il Nuovo Centro Destra, che invece spinge dalla parte opposta. Il nodo fondamentale, quello appunto del reintegro dei lavoratori licenziati per motivi disciplinari, non sarà sciolto nel maxi-emendamento sul quale il governo potrebbe chiedere il voto di fiducia al Senato. La decisione finale sarà rinviata ai decreti attuativi della delega fiscale. Non è ancora chiaro se nel testo che il governo potrebbe depositare già oggi a Palazzo Madama, sarà inserito l’inciso della mozione del Pd, dove specifica che «il diritto al reintegro viene mantenuto per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, previa qualificazione specifica della fattispecie». Più probabile che questo passaggio venga preso come impegno«politico» dal ministro del lavoro Giuliano Poletti durante la discussione generale in aula sul jobs act. I PUNTI DELLA PROPOSTA Questa al momento, sembrerebbe essere la mediazione più probabile con la minoranza del Pd che ieri ha incontrato il ministro del lavoro. All’interno del maxi-emendamento del governo verrebbero poi recepite alcune parti dei sette emendamenti firmati dal gruppo dei senatori Dem. Ad iniziare, per esempio, dalla proposta che subordina l’entrata in vigore dei decreti delegati del jobs act all’avvio dei nuovi ammortizzatori sociali universali, indicazione contenuta anche nellamozione approvata dalla direzione nazionale. Un impegno possibile per il governo, considerando che Matteo Renzi ha già annunciato uno stanziamento di almeno 1,5 miliardi di euro (ma l’importo potrebbe salire fino a Padoan-quando-l-amico-D-Alema-non-lo-salutava_h_partb2,5 miliardi) da destinare all’allargamento delle tutele per chi perde il posto di lavoro. Anche in questo caso la scatola della delega sarà riempita di contenuti con i decreti delegati. E il governo sta già mettendo a punto le proposte. Le tutele verrebbero estese ad altri 300 mila parasubordinati oltre ai 100 mila già coperti con la mini Aspi introdotta dalla legge Fornero (che tuttavia è una tantum). Mentre i lavoratori subordinati aggiuntivi che otterrebbero una copertura sarebbero 500 mila. L’indennità, per un massimo di due anni e fino a 1.300 euro (ma con una media di 700 euro), maturerebbe anche dopo sole 13 settimane di lavoro, contro le attuali 52 settimane. LE MEDIAZIONI Tra le richieste della minoranza Dem, c’è anche quella di incentivare fiscalmente il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Anche questo potrebbe essere possibile considerando l’impegno del governo a stanziare ridorse nella legge di stavilità per il taglio del cuneo fiscale. Altro punto sul quale il maxi-emendamento del governo dovrebbe andare incontro alle richieste della minoranza del Pd, è la parte che riguarda i demansionamenti. Le modifiche proposte prevedono la possibilità di cambiare inquadramento ai lavoratori in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi, purché venga garantito ai dipendenti il mantenimento del salario. Qualche maggiore precisazione, poi, dovrebbe essere inserita sul disboscamento della giungla dei contratti atipici, facendo salvi solo quelli effettivamente necessari alle imprese o che vanno incontro ad esigenze dei lavoratori.

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