di Alessandro Ferrucci Roma AIgnazio Marino la risata, non troppo ostentata, è sbocciata il 25 maggio di quest’anno, notte dei risultati nelle ultime elezioni europee: Pd a 40,8 per cento a livello nazionale, il 44 a Roma. No, non è una questione di appartenenza a un partito, non è neanche una vicenda di fedeltà renziana, anzi, quel risultato per il sindaco della Capitale è solo una cambiale da mostrare, sventolare sotto il mento dei democratici e poi sistemarla all’interno della giacca per oggi, domani o chissà quando. “Vede, fino al giorno prima delle consultazioni – racconta un piddino dentro l’aula Giulio Cesare – tra i democratici era un generale prendere le distanze da Marino, tutti certi di una débâcle su Roma, circolavano sondaggi drammatici, eravamo pronti a chiedere le dimissioni”. O meglio: era già allestita una strategia per ottenere le dimissioni, con tanto di campagna mediatica per rinnegare il chirurgo. “Ma quel 44 per cento ha cambiato la storia” e da quel giorno il medico è piano piano diventato uno sceriffo. Lo sceriffo-Marino.
COSÌ, ARMATO di cappellone texano (metaforico, eh), ha iniziato a scardinare alcuni dei gangli atavici della città, gangli talmente integrati sul territorio da non apparire più tali: “Ma vi sembra normale che chi vende le caldarroste a Roma paghi come tassa di occupazione di suolo pubblico tre euro al giorno quando un sacchetto di caldarroste ne costa quattro? Vi sembra normale che un camion-bar che guadagna due-tremila euro al giorno paghi tre euro al giorno di occupazione?”, Marino dixit. Risultato: fuori alcuni camion- bar da zone di pregio assoluto come il Colosseo, richiesta ai caldarrostai di rispettare il periodo assegnato al commercio (1º ottobre-31 marzo, non sono ancora rispettati), e soprattutto aumento della tassa da tre a dieci euro al giorno, anche se lo “sceriffo” ne pretendeva 30. Soldi, quindi. Come quelli ottenuti per il concerto di giugno dei Rolling Stones, appena 8.000 euro per il Circo Massimo, polemiche annesse, ma non replicabili, perché secondo una delibera la cifra per l’area è passata a 150.000 euro. “Il bello – spiega un consigliere di maggioranza – è che non ci ascolta, sfrutta le nostre divisioni e va avanti da solo”. Divisioni, beghe politiche.
TRA I DICIANNOVE consiglie – ri eletti nel Pd, c’è un sottobosco di correnti da riempire un annuario scolastico, come dalemiani (pochi), lettiani (pochissimi), zingarettiani (qualcuno, timido); ovvio i renziani e altre sottospecie. Sottospecie azzittite in aula, ma pronte a battagliare sui giornali come sul caso dello stadio della Roma, tra chi lo ritiene prioritario, chi un disastro eco-ambientale, e chi si preoccupa delle ditte appaltatrici, con il deputato del Pd, Umberto Marroni, che ha pubblicamente avvertito: “Ga – rantiremo trasparenza per gli appalti sulle infrastrutture…”. I maligni hanno pensato a un contentino per Caltagirone, vero re della Capitale, escluso dal business per l’edificazione della casa giallorossa e attaccato frontalmente dal sindaco per le nomine dirigenziali di Acea, azienda-gioiello. “Sì, bello, bravo, bis. Ma le strisce blu sono una vergogna”, parola di automobilista in zona Prati. Non lo dice, lo urla, e come lui, da lunedì, giorno delle nuove tariffe, è un continuo di proteste: da un euro l’ora, a un euro e 50 e niente più abbonamento giornaliero. “Serve a scoraggiare l’utilizzo della macchina”, spiegano dal Comune. Peccato che i mezzi pubblici sono stati ridotti per questioni di bilancio; la nuova linea della metropolitana non è ancora inaugurata e, complice la crisi, su Roma si sono moltiplicate manifestazioni, sit-in, proteste, cortei: solo l’anno scorso la Questura ne ha certificati quasi 1600, una media di oltre quattro al giorno. “Però a metà ottobre inauguriamo 15 nuove fermate”, sempre dal Comune. Meno delle previste, ma è già qualcosa.
CAPITOLO occupazione di suolo pubblico. Meglio dire occupazioni, plurale. Tavolini, altri tavolini, solo tavolini, camminare a Roma era uno slalom tra una carbonara, un saltimbocca e un’ananas. Ora, non ovunque. Regolamentati nella zona di Campo de’ Fiori, i ristoratori non sono felici, ovvio, parlano di rischio chiusura, di danno non calcolabile, ma erano abusivi, questo è un fatto. Come è un fatto la vicenda dello sgombero del cinema America, punto di ritrovo per la cultura trasteverina, attori, registi, persone comuni impegnate per offrire un’alter – nativa a pub e movida; Marino non ha ascoltato alcun appello. Nella contea di Roma, lo sceriffo non fa prigionieri.