Gabriel Batistuta: “Volevo amputarmi le gambe”


Mi sento un vincitore perché non ho mai lasciato nulla di intentato. Non sono mai uscito dal campo con il rimpianto di aver fatto un tiro o un passaggio in meno di quanto fosse dovuto». Con 45 anni ormai prossimi ai 46, uno scudetto, una Coppa Italia e il titolo ancora incontrastato di massimo goleador della nazionale argentina, Gabriel Omar Batistuta ha almeno questa certezza: come calciatore ha sempre dato tutto. Anche se il prezzo della sua abnegazione stava per pagarlo con la moneta del suo talento più caro: quelle gambe che, quando la sua carriera finì, arrivarono a dolergli tanto da spingerlo a chiedere che gli fossero amputate. Del fatto che Batigol avesse un problema alle caviglie, usurate da anni di sport ai massimi livelli, si vociferava da tempo. Anche se, prima della sua recente intervista choc a Tyc Sports, una televisione argentina, non si era mai capito quanto la cosa fosse davvero seria. Dopo avere infiammato le curve di Roma, Fiorentina e Inter negli splendidi anni Novanta del calcio italiano, Batistuta aveva infatti accettato l’ingaggio faraonico che gli offrì nel 2003 l’Al Arabi, una sconosciuta squadra del Qatar.

In quegli stadi vuoti, in mezzo a difese facili da spiazzare, Gabriel fu subito il maggior realizzatore di stagione. Presto il Boca Juniors, forse la più importante squadra argentina, lo chiamò per averlo di nuovo, come già nel 1990. «Bati fu sincero», ricorda un amico dell’attaccante. «Disse che le gambe non gli permettevano di prendere un impegno del genere: la squadra lo scartò». In quel periodo, iniziarono a circolare voci preoccupanti sul suo conto. «Dissero che era malato di Sla: conseguenza delle infiltrazioni cui si sottoponeva, pur di tornare in campo anche quando era infortunato». Per fortuna, nel suo caso quella sclerosi laterale amiotrofica che ha portato alla morte tanti altri atleti professionisti, rimase solo un’ipotesi, presto scartata. «Non ho più le cartilagini nelle caviglie», ha raccontato il campione. «Lo sfregamento delle ossa mi causava un dolore insopportabile». A volte, addirittura, gli capitava di trovarsi a letto e di aver bisogno di andare in bagno: ma preferiva farsela addosso, piuttosto che sforzare le gambe. «Sono arrivato a un punto in cui non ne potevo proprio più», ha confessato. «Ho preso un aereo, sono andato dal mio medico, e gli ho chiesto di amputarmi le gambe». Era il 2007. Gabriel aveva lasciato il calcio da due anni e, pochi giorni dopo il suo ritiro dai campi, aveva iniziato il suo terribile calvario. «Vedevo Pistorius in televisione (è l’atleta che correva con dueprotesi alposto degli arti inferiori, oggi sotto processo per omicidio, ndr). 3

Pensavo: questa è la soluzione che fa per me». «Sei matto», si sentì rispondere dal medico cui chiese aiuto. «Nessuno si prenderebbe una responsabilità del genere: di certo non lo farò io». Fu così che Bati accettò di operarsi. E iniziò una cura che, con il tempo, l’ha finalmente riportato ad avere una vita quasi normale. «Gioco spesso a calcio con gli amici», ha raccontato nella stessa lunga intervista choc. «Ma, se la palla mi passa a più di un metro di distanza, io la lascio andare. Se invece mi arriva sui piedi, qualche tiro in porta lo faccio ancora». Negli ultimi anni, il campione che i tifosi viola chiamavano Re Leone (per la lunga criniera castano chiara), è rinato anche dal punto di vista professionale. Si è riavvicinato al calcio, assumendo un incarico dirigenziale nel Colon di Santa Fe. E ha iniziato a giocare a polo in modo agonistico. Le novità non si sono limitate al mondo del lavoro. Dopo 24 anni di matrimonio con Irina Fernandez, la ragazza che conobbe giovanissimo e che poi diventò la madre dei suoi quattro figli, la coppia sarebbe oggi in crisi. Anche se l’amico che fu vicino a Bati nei duri momenti della malattia, giura: «È soltanto una tempesta passeggera». Una tempesta magari simile a quella che Gabriel e sua moglie affrontarono nel 1996: quando Bati girò uno spot con una modella russa e la sua compagna gli fece una scenata di gelosia. Così, per farsi perdonare, lui segnò due gol al Milan nella finale di Super- coppa Italiana. Dopo la seconda rete, corse davanti a una telecamera e gridò: «Irina, ti amo!».

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