di Enrico Fierro inviato a Napoli Napoli è fatta così, si muore pe’ ‘na strunzata. Sentite a me, in questa città è difficile vivere, ma morire è facilissimo”. Quartiere Traiano, periferia ovest della città impossibile. Qui, la notte scorsa, è morto Davide Bifolco, 17 anni, il volto di bambino cresciuto in fretta. Un inseguimento, un colpo di pistola, la faccia a terra e il cuore che si ferma per sempre. Un uomo anziano ci ha già offerto la sua “filosofia” sui mali della città, ma non basta, perché ora il quartiere è in fiamme. “Domani tutti in piazza, contro ‘e guardie”, è l’appello che lanciano ragazzi sul motorino. Urla Giovanni, il padre di Davide, e non si tiene. Fa avanti e indietro davanti alla sua casa di via Orazio Coclite ma non entra. È un basso ricavato dentro un palazzetto di cemento circondato da palazzoni popolari. C’è un cortiletto dove le donne consolano Flora, la mamma di Davide. “L’aggia accirere”, lo devo uccidere.
“È n’ommo e niente, altro che carabiniere. Ma come si fa, hai sparato a un ragazzo, un bambino, mio figlio era un bambino”. Qualcuno gli porta il caffè, in tanti lo circondano. È gente dai volti duri e dalle braccia segnate da tatuaggi, qualcuno di loro ha conosciuto i rigori di Poggioreale, tutti odiano “’e guardie”, poliziotti e carabinieri. Senza distinzione. Ognuno è pronto a raccontare la sua storia di soprusi subiti dal “braccio violento della legge”. “E mo cosa dico a mia moglie, io non ho il coraggio di guardarla. O figlio nuost è muorto, l’hanno accise, gli hanno sparato come se fosse un delinquente, e mo stanno dicendo un sacco di falsità”.
GIOVANNI PARLA per ore, incontenibile, addolorato, distrutto. Tutta la vita gli è crollata addosso. Una vita di stenti in questa parte di Napoli senza speranza, dove la gente per campare si arrangia. Lui ha una bancarella e vende biancheria a prezzi stracciati nei mercatini rionali. “Na vita ‘e merda”, ci dice quando ci racconta che per Davide aveva previsto un futuro radioso nel mondo del calcio. Il pallone per salvarlo, per non farlo “sbagliare” come suo fratello Tommaso rinchiuso ai domiciliari. “Giocava bene – ci racconta un cugino – pen – sate che un giorno lo vide Pasquale Foggia (ex calciatore del Cagliari e poi della Lazio nato proprio a Traiano, ndr), e disse che era proprio bravo. Ma per entrare in una buona scuola di calcio ci vogliono i soldi…”. Vite spezzate, vite sbagliate, vite buttate tra i vialoni del quartiere, serate passate nei circoli a giocare a carte e a ungersi lo stomaco di panzarotti fritti in olio fetente, notti brave innaffiate da birre e albe spericolate di acrobazie sui motorini. Il 70 per cento di chi vive qui non ha uno straccio di lavoro, non può contare su un reddito più o meno certo. Gli altri sopravvivono rovistando in quella linea di confine che separa la legge dal malaffare. In tanti quel confine lo superano e vanno oltre, sono soprattutto i più giovani affascinati dai danari e dal rispetto che ti dà la camorra.
L’abbiamo sentita evocare nel fuoco di queste ore. “’A camorra, ‘a camorra, solo quella ci può salvare e dare giustizia”, urla una donna a favore di tutte le telecamere. “’e guardie so merda”, ti dicono i ragazzi che presidiano il luogo dove Davide è morto. “Assassini, assassini”, senti gridare dalle macchine che passano e incrociano i capannelli di giornalisti e telecamere. La febbre è alta, in giro non si vede una macchina di polizia o carabinieri. La notte della sparatoria la folla inferocita si è ribellata e ne ha distrutte otto. Può succedere di tutto in questa parte di Napoli. Città con i nervi a fior di pelle dove tutti si aspettano il peggio. Sempre. La camorra si prepara alla guerra, dicono. Perché in quel Bronx che sta a ridosso di Ponticelli, periferia est, all’inizio di settembre qualcuno ha sparato 40 colpi di kalashnikov. Come se fosse un quartiere di Aleppo. E a Traiano il clan dei Puccinelli ha riconquistato tutti gli spazi perduti e ora le piazze di spaccio sono cosa loro. Sono forti i Puccinelli e affascinano le bande di baby-criminali che aspirano a farsi largo nell’universo della camorra. “L’unica che ci può salvare”, continua a urlare la donna ricercatissima dalle tv. Davide Bifolco, 17 anni, viveva qui, in questo inferno di miseria, camorristi e guardie che usano il pugno di ferro. E qui è morto in una umida notte di settembre. “Se tutto fosse facile, nulla sarebbe interessante”, la frase gli piaceva e l’aveva scritta sul suo Fb. Ma a Napoli tante cose possono essere facili, una è difficile assai: vivere.