BERLUSCONI «Quella contro la Juventus è una gara fondamentale, se vincete e convincete contro i bianconeri, tutti si dimenticheranno gli ultimi due anni difficili, mettendo da parte le delusioni». Silvio Berlusconi ci sta prendendo gusto. Ieri per il quinto venerdì consecutivo, il presidente rossonero è apparso a Milanello per visitare la squadra e caricarla in vista dell’importante match di stasera con la Juventus – confermata la sua presenza in tribuna -, un discorso durato una ventina di minuti, nel quale il presidente, parola di Adriano Galliani, ha toccato le corde emozionali dei giocatori, stimolandoli e consigliandoli anche sotto l’aspetto tecnico.
Sempre più appassionato Ma se nelle precedenti uscite Berlusconi si era fermato, mediamente, un paio d’ore, questa volta il numero uno rossonero è rimasto al centro sportivo per quasi tre ore, soffermandosi prima con Galliani e Filippo Inzaghi per il classico pranzo (fra le 14.30 e le 16), poi con la prima squadra (venti minuti circa, fino alle 16.30) e infine con i 42 ragazzi che compongono le rose delle formazioni Primavera e Berretti (un’altra mezzora prima di salire sull’elicottero intorno alle 17 e tornare ad Arcore). Il presidente, come sempre in questi ultimi cinque mesi di amore ritrovato – con la presenza di ieri, fanno dodici apparizioni nel mondo rossonero da maggio (cinque cene ad Arcore, cinque visite a Milanello, il blitz a Casa Milan a giugno e la partecipazione a Milan-Lazio dalla tribuna) -, si è dimostrato carico, propositivo ed entusiasta, doti che l’approdo in panchina di Inzaghi sembrano aver risvegliato nel patron. Inzaghi per Berlusconi è come un figlio – «discutevamo a pranzo – ha raccontato Galliani che si è detto favorevole alle multiproprietà («merito di Macalli») – che quando il presidente ed io iniziavamo a lavorare insieme nel 1979, Pippo aveva 6 anni e cominciava la prima elementare…» -, c’è un legame affettivo fortissimo, nato nel 2001 e cresciuto nei successi tredici anni di militanza rossonera dell’attuale tecnico.
Di nuovo al top Come detto, dopo il pranzo con ad e allenatore, Berlusconi si è diretto negli spogliatoi dove ha arringato la squadra per una ventina di minuti, ricordando l’importanza della partita di stasera e – soprattutto – cos’è, cos’è stato e cosa sarà il Milan: «Dal 2003 al 2007 abbiamo vinto tutto quello che c’era da vincere e siamo diventati la squadra più titolata al mondo – ha sottolineato il presidente ai suoi giocatori -. Penso che nel giro di un paio di stagioni, mettendo a posto la rosa, ce la possiamo fare a tornare a quei livelli là, in Italia, in Europa e nel mondo». Al termine del suo discorso – come documentato da Milan Channel -, il presidente è uscito dagli spogliatoi e ha trovato ad attenderlo il responsabile del settore giovanile Filippo Galli e il tecnico della Primavera, Cristian Brocchi. I due hanno chiesto a Berlusconi di salutare i quarantadue ragazzi che compongono le rose di Primavera e Berretti, ma il patron ha fatto molto di più. Si è fermato per 30 minuti («ecco le nostre speranze del futuro»), li ha conosciuti personalmente uno per uno (complimenti per il centrocampista classe ‘98, Manuel Locatelli: «Mi hanno parlato molto bene di te») e poi ha parlato a lungo con loro, spiegandogli l’importanza della forza di volontà, ma anche di non dimenticare il mondo extra calcio, come la scuola (le lingue in primis) o il mondo del lavoro per non farsi trovare impreparati se fra qualche anno non saranno riusciti a imporsi nel calcio: «Ciascuno è arbitro della propria fortuna e se uno vuole una cosa e ci crede fortissimamente, alla fine ci arriva. Non bisogna farsi demoralizzare se non ci si riesce alla seconda o terza volta – ha spiegato Berlusconi -; se uno ha obiettivi ambiziosi e si impegna, può riuscirci. È come a scuola: se ti metti l’obiettivo del 10, arrivi all’8; se punti all’8 prendi 6 o 7; se ti metti l’obiettivo del 6 è quasi sicuro che non passi. Nella vita è la stessa cosa». Ma questo è il domani, il presente è un caldissimo Milan-Juve.
JUVENTUS Vidal è partito per Milano con i compagni e a San Siro vorrebbe giocare a tutti i costi dal primo minuto. Massimiliano Allegri è più cauto e si porterà il dubbio fino a questa mattina. La tentazione di schierarlo c’è, ma in vista del tour de force nessuno in casa Juve vuole correre rischi inutili, a maggior ragione con il guerriero, protagonista di un precampionato travagliato. Roberto Pereyra è in preallarme, pronto a prendere il posto del cileno contro il Milan: nell’ultimo allenamento è stato provato l’ex Udinese sul centro destra con maggiore insistenza.
«Il recupero di Arturo – ha sottolineato Allegri – è molto importante e in settimana speriamo di fare lo stesso con Pirlo, che ci assicura grande qualità. Lo stesso discorso vale anche per Barzagli e Marrone, che ci può tornar comodo. Averli tutti a disposizione e in buona condizione fisica è sempre un bene, con tante partite davanti. E’ impossibile pensare che possano giocare sempre gli stessi».
L’altro ballottaggio L’altro dubbio riguarda la fascia sinistra: Kwadwo Asamoah è in vantaggio su Patrice Evra, titolare del binario nelle ultime due uscite (Udinese e Malmoe). «Quando Asamoah è tornato dalla Nazionale, Evra ha giocato per la prima volta», ha spiegato l’allenatore bianconero. Sull’altra fascia è pronto a sfrecciare Stephan Lichtsteiner, apparso in gran forma nella prima uscita europea. In mezzo al campo l’unico dubbio è Vidal, per il resto Claudio Marchisio in mezzo con compiti alla Andrea Pirlo e Paul Pogba sul centro sinistra.
Barzagli a Torino Contro il Milan “macchina da gol di Inzaghi” la Juventus proporrà la difesa strandard degli ultimi tempi: Martin Caceres e Giorgio Chiellini marcatori ai lati di Leonardo Bonucci. Neanche panchina per Andrea Barzagli, lasciato ad allenarsi a Vinovo per migliorare la condizione atletica. Il centrale toscano proverà a tirarsi a lucido in vista della Champions, stesso obiettivo di Andrea Pirlo. Il regista bresciano a inizio settimana si aggregherà al gruppo e contro l’Atalanta (sabato) potrebbe fare le prove generali in vista del big match in casa dell’Atletico Madrid (1 ottobre).
Coppia d’oro Allegri in attacco si affiderà all’accoppiata Tevez-Llorente, protagonisti a San Siro già lo scorso 2 marzo. L’Apache insegue il quarto gol in una settimana, mentre il Re Leone continua la caccia della prima timbratura stagionale. Alvaro Morata, 12’ tra Udinese e Malmoe, sta sempre meglio e scalpita: «Ha saltato tutta la preparazione e va inserito pian piano», ha confermato Allegri. L’ex Real Madrid ha dimostrato di essere un tipo sveglio. Stasera, dopo i gol sfiorati nei primi spezzoni, sogna di mettere la firma sul suo primo clasico italiano.
Forse non tutti ricordano che anche quei due entrarono in campo, strada facendo. In Giappone a Yokohama, il 14 dicembre 2003. Carlos Tevez a 19 anni aveva appena iniziato a fare le uova, Pippo Inzaghi aveva tagliato i 30 e cucinava da tempo le frittate: nel senso che lui, di uova, ne sfornava già in abbondanza. Da 2 stagioni e mezza aveva lasciato la Juve e si era concesso al Diavolo. In quell’anno solare aveva bruciato proprio i bianconeri: in finale di Champions, mentre Antonio Conte colpiva una traversa, lui già alzava la Coppa, in testa. La vinse ai rigori, pur senza tirare. Come a dicembre. Quando perse l’Intercontinentale, contro il Boca. Pure quella volta confezionata ai rigori, dopo l’1 a 1 dei 120 minuti: 4 a 2 per gli argentini. Anche l’Apache rimase a guardare gli altri che prendevano la mira. Lui e Pippo erano stati mandati in campo nella ripresa. Alla vigilia Carlos Bianchi aveva provato a irridere Carletto Ancelotti, che stava sull’altra panca: « Vinceremo con la fantasia, che è sempre presente nei discorsi degli italiani, ma poi non la sfruttano mai»
« Queste sono le mie partite » . E’ lo slogan che rappresenta il suo pensiero, che fuoriesce da quel pozzo di carisma che riempe gli allenamenti di secchiate di entusiasmo. Massimiliano Allegri, i suoi collaboratori, la dirigenza se lo consumano con gli occhi, sorridendo . « Queste sono le mie partite » . Beppe Marotta e Fabio Paratici ormai lo conoscono a memoria. L’allenatore se lo sta gustando solo da un paio di mesi. Lo voleva al Milan. Allegri lo ripeteva ad Adriano Galliani. E Galliani ci provò a più battute. L’ultimo giro finì doppiamente male. Perché l’Apache scelse proprio la Juve: più convincente sotto ogni aspetto, nel frangente. « Sono sicuro che Carlitos non mi tradirà » , disse prima di perdere la partita con Marotta l’ad rossonero, evocando chissà quante telefonate. Tevez avrebbe poi detto, con in mano la maglia nuova di zecca della Juve: « Galliani? Non lo sento da mesi»
« Senza alcun dubbio il mio gol più bello è stato quello di San Siro al Milan » . Tevez tradusse in parole la sua arte calcistica a fine campionato, quando a maggio i tifosi della Juve lo elessero – post sondaggio ad hoc – campione dei campioni , nella stagione. L’Apache rivide in un lampo la sassata devastante che inchiodò Christian Abbiati sullo 0-2, 2 marzo. « Queste sono le mie partite » . Qualcosa di simile l’Apache disse pure nello scorso campionato, al dunque degli incontri di cartello. Si ripresenta a Milano con 3 gol in 4 giorni, tra Udinese e Malmoe. Pure nella scorsa stagione era partito sparato, segnando a ripetizione. Come 11 anni fa, si regaleranno ghigni preventivi sulle labbra, lui e Pippo. All’epoca, cercarono di incutere paura.
AGNELLI Flirta con Barbara, lotta con Adriano. Andrea Agnelli spacca in due il Milan, le cui due anime si dividono anche nei rapporti con la Juventus. Perché se Barbara Berlusconi ha un feeling politico talmente forte con il presidente bianconero, da renderlo pubblico, dall’altra parte Galliani resta dall’altra parte della barricata politica, rinforzando l’alleanza con Claudio Lotito che ha generato l’elezione di Carlo Tavecchio alla presidenza della Figc. Una sconfitta per Andrea&Barbara che avevano ufficialmente appoggiato la candidatura di Demetrio Albertini e, soprattutto, avevano fatto di tutto per evitare l’elezione di Tavecchio. Andrea Agnelli era stato il primo presidente di Serie A che si era esposto in modo particolarmente deciso contro l’attuale presidente federale. L’aveva seguito Barbara, che si era schierata con un comunicato. La sua, però, era una posizione puramente personale, perché la rappresentanza politica del Milan è affidata all’altro amministratore delegato, Adriano Galliani che, fedele alle alleanze degli ultimi anni, ha appoggiato la campagna di Lotito, grande cerimoniere dell’elezione di Tavecchio.
Vecchi tempi Insomma, c’era una volta la grande alleanza di Juventus e Milan, suggellata da Antonio Giraudo, una sorta di secondo padre per Andrea Agnelli, e dallo stesso Adriano Galliani, adesso i due club sono acerrimi nemici in Lega. Nelle stesse stanze dove Juventus e Milan comandavano negli Anni 90 e nei primi Anni 2000. Non che Giraudo e Galliani fossero esattamente amici, ma finivano per spartirsi il potere, temendo sempre che uno potesse prevaricare sull’altro. I due club, tuttavia, era in rapporti eccellenti: operavano in tandem in fase di trattativa per i diritti tv (portando con sé l’Inter di Moratti) e portavano avanti simili strategie di marketing. Erano addirittira arrivate al punto di dividere i proventi della finale di Champions League 2003 prima di giocare la partita, in modo che dal punto di vista strettamente economico non ci fossero vinti e vincitori.
Distanza abissale Oggi Milan e Juventus sono divise da strategie politiche differenti. La distanza è ormai abissale. Dalla rielezione di Maurizio Beretta alla famigerata delibera sulla ripartizione dei diritti tv, fino alle squadre B, che la Juventus vuole, mentre il fronte “governativo” non sembra supportare granché: Agnelli sta da una parte, Galliani dall’altra. E in genere sul fronte politico vince Galliani. Almeno finora è andata quasi sempre così.
Vendette sportive Sul fronte sportivo, invece, Agnelli si è preso delle gustose soddisfazioni nel triennio di Conte, iniziato proprio con uno scudetto vinto sul Milan. E da quando è presidente della Juventus il ruolino con i rossoneri è di sette vittorie, due sconfitte e due pareggi, fra i quali il famigerato 1-1 del gol di Muntari, che aprì una vera e propria battaglia mediatica (dopo che un po’ di baruffa c’era stata negli spogliatoi, fra Conte e Galliani). Ma anche in quell’occasione, Agnelli e Galliani non litigarono ufficialmente e, anzi, qualche giorno dopo c’era stato uno scambio di sms per alleggerire la tensione.
Vecchi e giovani E qualche volta si siedono anche vicini nelle occasioni pubbliche. E nelle uscite ufficiali, Agnelli ha sempre avuto parole al miele per l’amministratore delegato milanista. Quando accolse la nomina di Barbara, per esempio, disse a Tuttosport: «Galliani è il migliore dirigente del calcio italiano ad alto livello, il suo apporto di esperienza rimane al servizio del Milan, con un sano, nuovo approccio che può portare Barbara». Quel nuovo approccio che, Agnelli, vorrebbe diventasse l’ unico approccio del Milan per rimettere in piedi la vecchia alleanza, ma questa volta fra giovani.