Ameno di una settimana dal flop elettorale alle regionali e dopo una giornata di forti proteste per le ultime espulsioni avvenute nel M5s, Beppe Grillo annuncia un mezzo passo indietro e lancia i cinque nomi che lo accompagneranno nei prossimi mesi. Una sorta di direttorio che ruota intorno all’erede designato Luigi Di Maio. Il tutto tra forti critiche di una parte dei parlamentari, le voci di una possibile scissione, il silenzio dell’unico leader dell’opposizione interna e un voto web dal risultato bulgaro (il 91,7%) che approva la decisione.
Mentre ieri continuavano le proteste per l’espulsione di Massimo Artini e Paola Pinna per le mancate rendicontazioni, Grillo con un post a sorpresa sul suo blog e con le parole pronunciate alla fine della lunga corsa da Forrest Gump, il personaggio dell’omonimo film vincitore di 6 premi Oscar, annuncia: «Sono un po’ stanchino». E spiega che «quando abbiamo intrapreso l’appassionante percorso del Movimento 5 Stelle, ho assunto il ruolo di garante per assicurare il rispetto dei valori fondanti di questa comunità. Oggi, se vogliamo che questo diventi un Paese migliore, dobbiamo ripartire con più energia ed entusiasmo. Il M5S ha bisogno di una struttura di rappresentanza più ampia di quella attuale. Questo è un dato di fatto. Io, il camper e il blog non bastiamo più». E per questo «cinque persone, tra le molte valide, grazie alle loro diverse storie e competenze, opereranno come riferimento più ampio del M5S in particolare sul territorio e in Parlamento». Si tratta di Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia, con appello alla rete di approvare la lista bloccata. La votazione coinvolge 37.127 iscritti dei quali il 91,7% vota sì.
A non essere d’accordo però sono molti parlamentari che denunciano tutti i limiti di questa decisione, dall’appartenenza territoriale dei cinque che provengono solo da Lazio e Campania, a quella istituzionale (non ci sono senatori). Fino al modello scelto, che assomiglia a un direttorio. Per Claudio Messora, «dopo le polemiche sulle ultime espulsioni Grillo cerca di formare una vera e propria segreteria di partito, un direttorio a 5 stelle scelto da lui, e chiede alla rete di ratificare la sua scelta. Meglio sarebbe stato che i parlamentari stessi, o meglio ancora la rete, avessero indicato i suoi rappresentanti. Dove sono gli eurodeputati? Dove sono le donne? Dove vengono specificati ruoli, poteri e durata del mandato?». Più duro il deputato Daniele Pesco che prima dell’esito del voto aveva annunciato che «se vince il sì io presento le dimissioni». O ancora Marco Baldassarre che si rammarica perché «così diventiamo un partito». Naturalmente ci sono tantissimi favorevoli, dal dialogante Danilo Toninelli perché «abbiamo potenzialità che i partiti si sognano. Siamo capaci ed onesti. Ne vedremo delle belle», al duro e puro Nicola Morra secondo il quale «bisogna dare fiducia a questi cinque ragazzi».
Intanto la voce di una possibile scissione con i delusi che guardano ansiosi le mosse del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, tra i pochi a criticare apertamente Grillo e soprattutto Gianroberto Casaleggio, è rimasta tale. E da Pizzarotti non sono arrivati segnali ma soltanto un criptico «uno vale uno» scritto su Twitter. Mentre sono circolati numerosi retroscena sul motivo della mossa a sorpresa, secondo i quali ci sarebbero le tensioni ormai quotidiane tra Casalelggio e Grillo, prima sui risultati delle regionali, poi sulle ultime espulsioni dove il comico che pure avrebbe voluto una linea più morbida, si è ritrovato gli attivisti a protestare ai cancelli della sua villa di Marina di Bibbona. E a quel punto ha deciso di avviare lo sganciamento dal movimento. Un movimento che però resta in subbuglio, con i dissidenti (insieme agli espulsi e ai fuoriusciti) che si starebbero interrogando sul futuro e sulla possibilità di dare vita a un altro soggetto politico.