Conto deposito si o no: è ancora la scelta giusta per investire?


Conviene ancora investire nei conti deposito? E’ la domanda che si pongono molti risparmiatori che non hanno ancora deciso dove destinare i propri risparmi. Aprire un conto deposito sembra essere l’opzione più sicura anche se i tassi, dopo il quantitative easing della BCE, si sono notevolmente abbassati. Cosa conviene fare?

Come funziona un conto deposito

E’ molto semplice: lo strumento, messo a disposizione dalle banche, prevede un tasso d’interesse predeterminato dall’istituto. Se si sottoscrive un’offerta che prevede un vincolo (in genere di almeno un anno) si ottengono interessi maggiori rispetto ai depositi senza vincoli. Grazie all’avvento di internet, il mercato dei conti deposito si è sviluppato tantissimo online.

Conviene investire soldi nei conti deposito?

Il problema è che con gli interventi della BCE sull’economia europea i tassi d’interesse si sono abbassati vista l’immissione di denaro che ha visto le banche ricevere soldi a prezzi più bassi. Oggi nessuna banca propone tassi superiori al 2% lordo (a cui sottrarre il 26% di ritenuta sugli interessi e l’imposta di bollo) e quando arrivano offerte di questo tipo sono essenzialmente legate alla necessità di ottenere nuovi clienti più che di remunerarli. Anche per questo molti esperti sconsigliano, in questa fase, di investire in questo tipo se si vogliono avere maggiori guadagni.

Un’alternativa da considerare: azioni di risparmio

I piccoli investitori interessati a ricavare un buon rendimento dai titoli azionari possono orientare gli investimenti in azioni di risparmio, prive del diritto di voto. L’investitore non ha alcun interesse per l’esercizio dei diritti amministrativi a fronte di un più significativo aspetto economico-patrimoniale che si traduce in una più importante ripartizione degli utili e disponibilità di liquidazione del capitale. Questo genere di titoli può essere emesso esclusivamente dalle società quotate e si differenzia dall’azione ordinaria perché il titolare non ha diritto di voto nell’assemblea ordinaria e straordinaria, inoltre a lui spetta il diritto ad un dividendo maggiorato rispetto all’azionista ordinario. La posizione dei sottoscrittori è suscettibile ad un basso livello di rischiosità per cui è possibile avere una redditività del dividendo più alta rispetto alle azioni ordinarie in presenza di un maggiore dividendo e di un prezzo inferiore delle azioni di risparmio. Per tutelare i piccoli azionisti esistono delle leggi specifiche, come il Testo Unico della Finanza che suggerisce a quali norme far riferimento del codice civile e del diritto societario comune; la legislazione dettata dal Testo Unico della Finanza prevede che solo le società italiane con azioni ordinarie quotate sui mercati italiani o di altri paesi appartenenti all’Unione Europea possono emettere azioni prive del diritto di voto caratterizzate dalla denominazione di azioni di risparmio. Va precisato che questi prodotti possono essere emessi sia in sede di aumento del capitale sociale, sia in sede di conversione di azioni già emesse, ordinarie o di altra categoria, chi possiede questo tipo di azioni può avvalersi del diritto di opzione su azioni di risparmio della stessa categoria.

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Chi prende parte ad investimenti in azioni di risparmio deve sapere che il loro possesso comporta una certa partecipazione alla vita dell’impresa, ricavando poi la distribuzione degli utili, sono impliciti degli oneri di tipo  amministrativo e partecipativo tra cui il diritto di voto nell’assemblea degli azionisti. Il valore nominale di ogni singolo titolo azionario può essere determinato nello statuto, per cui l’investitore percepirà una frazione del capitale sociale composto dal numero totale delle azioni emesse dalla società; va precisato che a ciascun socio viene assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta tenendo conto di un tetto massimo costituito da un valore che  non deve risultare superiore a quello del suo conferimento, a sua volta il valore dei conferimenti non può essere inferiore all’ammontare complessivo del capitale sociale; in pratica queste azioni possono essere assegnate dall’emittente in misura non superiore al 50% del capitale sociale.

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