Il cadavere di Katia Tondi è stato portato nel corridoio della casa e sistemato di fronte alla porta d’ingresso successivamente alla sua uccisione, che verosimilmente è avventa in un altro ambiente dell’abitazione tra le 17.30 e le 19″. Così si legge sulla perizia che i consulenti consegneranno nelle prossime settimane ai giudici della procura di Santa Maria Capua Vetere che indagano sull’omicidio di Katia Tondi, la casalinga di 31 anni strangolata il 20 luglio del 2013, mentre si trovava nella sua abitazione di San Tammaro, in provincia di Caserta, con il suo bimbo di 7 mesi. È un documento esclusivo, che Giallo ha letto in anteprima. È un documento che cambia radicalmente la ricostruzione del delitto come stata fatta finora. Prima di raccontare come e perché morì questa giovane mamma, bisogna ricordare che per il brutale assassinio è indagato con l’accusa di omicidio volontario, il marito, Emilio Lavoretano di 32 anni. E ora ritorniamo per un attimo all’estate dell’anno scorso: fu proprio il marito, di ritorno dalla spesa, intorno alle 20, a trovare Katia uccisa all’ingresso dell’abitazione e a chiamare i soccorsi. Ebbene, i nuovi periti hanno stabilito che la donna non fu uccisa lì, nel corridoio, ma in un’altra stanza dell’appartamento. Probabilmente in camera da letto, come lascereb- bero intendere alcune tracce di sangue ritrovate sulla tenda e vicino al letto matrimoniale della coppia.
“L’HO TROVATA CHE ERA GIA’ MORTA” Sempre la nuova perizia, affidata dalla procura a un pool di esperti coordinati dal generale Luciano Garofano, ha stabilito che l’orario della morte della casalinga è da ricondurre tra le 17,30 e le 19 e non più tra le 19 e le 20, comera stato detto in un primo tempo. Quindi, il decesso è stato anticipato di alcune ore e per quel lasso di tempo il marito di Katia Tondi non ha più alcun alibi. Emilio Lavoretano, infatti, ha sempre sostenuto che intorno alle 19 del 20 luglio uscì per andare a fare la spesa. A sostegno della sua tesi portò alla polizia anche alcuni scontrini, tra cui quello di un gommista. L’uomo riferì quindi di essere rincasato alle 20 e di aver trovato la porta di casa aperta, ma senza segni di effrazione, e la moglie esamine sul pavimento. Se Katia Tondi è morta prima, addirittura alle 17.30, lui dov’era? Afferma a Giallo l’avvocato Gianluca Giordano, legale della famiglia Tondi: «Se dalle perizie dovesse emergere davvero che Katia Tondi è stata uccisa prima delle 19, il Lavoretano, unico indagato per l’omicidio, non ha più un alibi. Vorrebbe dire che quando, intorno alle 19 di quel giorno, uscì e andò a fare la spesa stava cercando di coprirsi le spalle. Ora è arrivato il momento di decidere se rinviarlo a giudizio o meno. La famiglia Tondi è disperata e confida che a breve si arrivi a un processo. Siamo consapevoli che per queste vicende le indagini devono essere dettagliate e portare risultati certi e attendibili.
Le cronache quotidiane ci dimostrano che quando l’assassino non viene colto in flagranza di reato, i tempi per le indagini si allungano, ma adesso davvero è stato fatto tutto il possibile». Non si dimentichi, poi, che gli inquirenti, lo scorso luglio, hanno sequestrato l’astuccio degli occhiali da sole della vittima, che è stato analizzato dai consulenti della Procura. Non è dato conoscere i risultati dellesa- me, ma non è escluso che si stiano cercando altre macchie di sangue della vittima. Già in passato erano stati sequestrati gli occhiali da sole della casalinga e sulle asticelle erano state trovate macchie di sangue. Il sospetto degli investigatori è che Katia Tondi prima di morire, mentre probabilmente indossava gli occhiali da sole, sia stata presa a schiaffi dal suo aguzzilo: ecco perché tutta questa attenzione per gli occhiali. Resta, infine, un dato di fatto: la vittima non andava d’accordo con il marito, nonostante la nascita del piccolo Giuseppe. Proprio qualche tempo prima della sua morte aveva scoperto di essere stata tradita. Intanto per i genitori di Katia Tondi al dolore per la morte della figlia, se ne è aggiunto un altro. E la stessa mamma di Katia, Assunta Giordano Tondi, a parlarne con Giallo: «Sono disperata: non mi è più consentito di incontrare il nostro nipotino. Mi sono rivolta ai giudici affinché io possa stare con lui. È un mio diritto, anche perché mio nipote rappresenta la prosecuzione della vita di Katia».