Don Ciotti su Riina: “Libera gli fa male”


di Giuseppe Lo Bianco Palermo Due aggettivi e un paragone bruciante: “Questo prete è una stampa e una figura che somiglia a padre Puglisi”. E poi il via libera all’omicidio: “Ciotti, Ciotti, putissimu puru ammazzarlo”. Nel mirino di Totò Riina e delle sue minacce ripetute questa volta è finito don Luigi Ciotti, il fondatore e Presidente di Libera, che sul territorio si occupa della gestione dei beni confiscati, materia che preoccupa assai i boss mafiosi, come emerge dalla replica di Alberto Lorusso, l’interlocutore di Riina nell’ora d’aria del carcere di Opera, a Milano: “Sai, con tutti questi sequestri dei beni”.

LA MINACCIA arriva il 14 settembre dello scorso anno, e subito dopo, in gran segreto, la scorta del sacerdote è stata immediatamente rafforzata. Questa volta le parole di Riina colpiscono “quel modello di uomo di Chiesa di cui la mafia ha paura – come dice il pm di Palermo Roberto Tartaglia – quel modello a cui tutti gli uomini di Chiesa, senza più al una forma di ambiguità, devono scegliere di ispirarsi”. Lui, don Luigi, si schermisce: “Non oso paragonarmi a don Puglisi perché sono un uomo piccolo e fragile, un mafioso divenuto collaboratore di giustizia parlò di ‘sacerdoti che interferiscono’. Ecco io mi riconosco in questa Chiesa che ‘interferisce’”. E proprio per questo, “le minacce di Totò Riina sono molto significative”, la prova “che l’impegno di Libera è incisivo, graffiante e gli toglie la terra da sotto i piedi – continua don Ciotti – sono rivolte a tutte le persone che in vent’anni di Libera si sono impegnate per la giustizia e la dignità del nostro Paese. Cittadini a tempo pieno, non a intermittenza”.

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E il fondatore di Libera ne approfitta per lanciare l’ennesimo appello allarmato alla politica: “’Ci sono provvedimenti urgenti da intraprendere e approvare – dice – senza troppe mediazioni e compromessi. Ad esempio sulla confisca dei beni, che è un doppio affronto per la mafia, come anche le parole di Riina confermano. Lo stesso vale per la corruzione, che è l’incubatrice delle mafie. C’è una mentalità che dobbiamo sradicare, quella della mafiosità, dei patti sottobanco, dall’intral – lazzo in guanti bianchi, dalla disonestà condita da buone maniere”. E una sessione speciale del Parlamento dedicata alla lotta alla mafia la propone Beppe Lumia, Pd, componente della commissione antimafia. Nei confronti del sacerdote è piovuto subito un diluvio di solidarietà, a partire dai presidenti delle Camere Grasso e Boldrini, che si sono espressi su facebook: “Le minacce di Totò Riina all’amico Don Ciotti, preoccupano certo, ma non sorprendono – scrive la Boldrini – una persona da temere per aver fornito un’alternativa alla logica del sopruso e dell’intimida – zione di cui la mafia si nutre”. “Sono più di venti anni che sfidi la mafia con coraggio e passione – scrive Grasso – e so che non ti sei lasciato intimorire nemmeno per un attimo: continuerai sulla strada della lotta alla criminalità, e tutti noi saremo al tuo fianco”.

PREFERISCE non dire nulla, invece, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: “Sono stanco di fare da cassa di risonanza a Riina”. Quelle contro don Ciotti precedono di due mesi le minacce rivolte da Riina al pm Nino Di Matteo e ad altri magistrati, investigatori, uomini politici. “Facciamola grossa e non ne parliamo più, questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta e allora, se fosse possibile, ad ucciderlo”, aveva detto il boss a Lorusso, tirando fuori la mano dal cappotto e mimando il gesto di fare in fretta, come scrivono gli uomini nella Dia nel novembre scorso. Il boss aveva già minacciato, tra gli altri, anche Sonia Alfano e gli uomini del Ros che lo avevano arrestato. E in un’occasione Riina è stato anche condannato ad quattro mesi di carcere per minacce: nel febbraio gli notificarono l’ennesimo ergastolo, e lui sbottò, in siciliano stretto, davanti a una guardia carceraria che aveva lavorato in Sicilia: “’Loro (i magistrati, ndr,) mi vogliono fare morire, ma questa volta faccio morire io loro…”. Ma ce l’aveva anche con i deputati, a Sonia Alfano, allora europarlamentare di Italia dei Valori, che andò a trovarlo in carcere, disse: “Noi i deputati li fucileremo tutti, non fanno altro che prendere decisioni negative per noi…”. INDAGINI sulle minacce del capo di Cosa Nostra sono aperte sia a Palrmo che a Caltanissetta dove sono state inviate tutte le trascrizioni della Dia ritenute, però, una sintesi e dunque incomplete dal procuratore Lari che nell’udienza del 23 maggio scorso del nuovo processo per la strage di Capaci, ha annunciato di aver chiesto alla Dia di Caltanissetta una nuova consulenza.

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