Toto Riina, misteri, politica e gossip questa è la sua Italia


di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza Palermo Questo Dalla Chiesa ci sono andati a trovarlo e gli hanno aperto la cassaforte e gli hanno tolto la chiave. I documenti dalla cassaforte glieli hanno fottuti”. Nel giorno dell’anniversario dell’omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il mistero della sua cassaforte torna nelle parole di Totò Riina, intercettate a Opera il 29 agosto 2013. All’intercettazione del boss, ieri, è seguita la replica del figlio del generale, Nando dalla Chiesa: “Non c’era bisogno della conferma da parte di Riina. Noi parliamo della cassaforte di mio padre da 32 anni…”. Il capo dei capi, a modo suo, aveva parlato anche dell’agenda rossa di Paolo Borsellino: “Che aveva in quest’agenda? Minchia, l’hanno presa i servizi segreti”.

NEI COLLOQUI intercettati con Alberto Lorusso, in questi mesi, Riina ha passato in rassegna l’intera politica italiana, senza risparmiare nessuno. Renzi? “Questo di Firenze è forte… Questo disgraziato… è forte perché è giovane’’. Ma quando l’ex sindaco di Firenze si oppone all’amnistia, ecco che diventa “un carabiniere”. Grillo? “È malato di testa, ormai è impazzito”. Berlusconi? “Più che il partito Forza Italia dovrebbe fondare Forza culo perché è un disgraziato”. Riina racconta la ‘sua’ Italia sproloquiando di garantismo e giustizialismo, di mafia e antimafia. Dalle 1350 pagine che raccolgono le sue conversazioni con Lorusso nel cortile del carcere di Opera, viene fuori il ritratto di un Paese da incubo: l’Italia che l’uomo delle stragi sbeffeggia con l’atteggiamento di chi si sente più furbo di tutti.ITALY-MAFIA-TOTO RIINA

ALFANO? “Vigliacco e traditore”. Al Guardasigilli che si vanta di aver arrestato 1700 mafiosi in un anno, il boss impartisce una lezione di antimafia: “Non si reprime una popolazione con la sbirraglia, ma con leggi buone umane, cristiane”. Fini? “Un miserabile e meschino”. E D’Alema? È il “baffetto” che “mangia e beve”… “il più disgraziato che c’è”. E non si capisce come mai “non dica al sindaco di Firenze di stare zitto”. Nessuna simpatia? Sì, per Andreotti: “uno grande”, la Santanchè: “una forte”. E per Marina Berlusconi: “È una seria… i figli tutti quanti sono (seri, ndr), a parte Barbarella che si… i giocatori… Ha preso dal padre”. E alludendo alla relazione della figlia minore di Berlusconi con il calciatore Pato: “Appena finisce di giocare al pallone lo prende e se lo porta in macchina e lo incoccia a cavalluccio… suo padre gli dice: montala e non scendere più. Lei l’ha messo ko… lei è più forte di suo padre…”. E giù risate.

IL SENSO (o meglio, il non-senso) di Riina per la politica è tutto qui: insulti, sberleffi, soprannomi ingiuriosi appiccicati anche al presidente della Repubblica, definito “berrettone”, che nel dialetto siciliano, spiega il boss, significa “colui che vuole fare tutte le cose”. Per il capo di Cosa Nostra, Napolitano è “il più Pulcinella di tutti”: “Gliel’han – no detto a lui… accetta altri sette anni… perché accetti? Lui… il Pulcinella di tutti i rappresentanti della Repubblica… il primo Pulcinella è lui… perché lui questa farsa l’ha fatta’’. E a Lorusso che gli spiega come il vicepresidente del Csm Michele Vietti abbia manifestato un’aperta contrarietà alla testimonianza del capo dello Stato nel processo sulla trattativa, Riina replica: “Fanno bene, ci vuole una mazzata (per i pm, ndr)”. E poi: “Io penso che qualcosa si è rotto…”. Ma Riina non se la prende solo con i leader politici.

LA SUA RABBIA, che ha come obiettivo principale il pm Nino Di Matteo, destinatario di ripetuti ordini di morte, è equamente distribuita tra magistrati, giornalisti e persino presidenti di società calcistiche. Ingroia? “È il re dei cornuti”, perché sostiene che Berlusconi è colluso con la mafia. Santoro? “Un comunista sfegatato”. Zamparini? “Un figlio di puttana”. Il meglio di sé, però, lo dà con i suoi giudizi sul ruolo del Papa (“Si deve fare i fatti suoi”) e sull’invadenza dei preti antimafia, che per lui meritano di finire ammazzati come padre Pino Puglisi: “Quello andava incuitannu (inquietando, disturbando, ndr) i cristiani pi diricci (per dir loro, ndr): sparatemi’’.

È IL TRIONFO del qualunquismo criminale: l’Italia vista con la mente di uno stragista seriale che arriva persino a dare lezioni di morale, definendo Berlusconi “un mutannaro (mutandaro, ndr)”, un “porco, malato di minorenni, non è che gliene interessava una!”. Riina lo condanna deplorandone “il vizio, tutti, tutti i vizi” e finendo per autocommiserarsi: “Ahi, ahi, e noialtri qua, mischinelli di noialtri al 41, ristretti al 41!”. Ma Riina, che si vanta di essere “po – tentoso” e di aver piegato le istituzioni con le stragi, non perdona soprattutto a Berlusconi di aver tradito le speranze che il popolo di Cosa Nostra riponeva nel trionfo di un garantismo capace di limitare la magistratura. Per il capo dei capi, Silvio è colpevole di non aver avviato la riforma della giustizia, quando aveva il 60 per cento dei consensi, quando cioè “aveva la corda nelle mani per affogarli tutti”. Dice Riina che “c’è tanta gente incarcerata senza malu fine (il riferimento è al “fine pena mai”, cioè all’ergastolo, ndr)”, e Berlusconi “non ha fatto niente: noi siamo qua e lui è là. È stato un gran sbirrone!”.

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