L’ischemia che ha colpito il fuciliere Latorre riporta l’attenzione sul caso dei due Marò ancora trattenuti in India: ed è un po’ questa la sintesi e il commento di una vicenda, secondo le parole e le intenzioni del ministro e nuovo rappresentante degli esteri per l’Europa, Federica Mogherini, che se allo stallo già da troppo, rischia di rimanere una macchia indelebile – secondo gli esperti – per tutta la nostra diplomazia italiana. Una vicenda,quella di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che portata fuori dalle aule di giustizia, s’è trasformata oramai in questione tutta diplomatica, e che l’Italia – allo stato – non può proprio permettersi di “perdere”. «Stiamo usando queste ore per preparare rintemazionalizzazione della vicenda – ha dichiarato il ministro -. Un processo che si basa su iniziative intemazionali, lanciate da tempo dal governo italiano, ma che richiede – ora – la riapertura dei canali di dialogo con il nuovo governo indiano».
In altre parole, ancora nulla all’orizzonte, se non l’attesa dell’insediamento del nuovo Esecutivo Indiano e la richiesta di trasformare il processo, in questione giuridica mondiale, magari rivolgendosi alla Corte Internazionale di Giustizia. Oddio, non che in questi ultimi due anni – era il 15 febbraio del 2012- agli annunci abbiano fatto seguito poi sempre azioni incisive (a parte qualche dichiarazione d’intenti e il tentativo maldestro – lo ricordiamo tutti – dell’ex ministro degli esteri Terzi – Governo Monti – di non lasciare andare i due soldati, rientrati in Italia giusto per le festività natalizie) ma si spera che le dinamiche possano comunque cambiare. Intanto, se la vicenda si tinge sempre di nuovi sviluppi sgradevoli (la polemica seguita al matrimonio dei due rampolli indiani organizzato in Puglia per esempio), il processo per l’omicL dio dei due pescatori locali pende ancora davanti alla Corte di Giustizia Indiana; e il ministro della Difesa Roberta Pinotti vola a Nuova Delhi per sincerarsi della situazione e calmare gli animi, dopo le contestazioni della famiglia La- torre. Insomma, un bollettino di guerra per la politica estera italiana, non c’e che dire; una partita che sta giocando il Governo, impegnato su più fronti; dove quella dei Marò, seppur destinata a esaurirsi nei rapporti con lo Stato indiano, sembra essere diventata una cartina di tornasole per l’affidabilità intemazionale del nuovo Presidente del semestre europeo, nonché della nuova titolare euro pea per gli affari esteri.
Per la serie: quanto peso gioca l’Italia ora sullo scacchiere dei rapporti di forza tra Stati che contano? Il vertice Sono partite da pochi giorni le riprese del documentario dal titolo “Più libero di prima”, legate alla triste vicenda di Tommaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni, i due ragazzi italiani in carcere in India dal febbraio del 2010, quando vennero accusati di aver ucciso in un hotel il fidanzato di lei, Francesco Montis. Tommaso, ligure di Alben- ga, rinchiuso in un capannone a Va- ranasi con altri 150 detenuti, in una stanza di tre metri, dove non ha acqua corrente ma ha un letto, ha trovato la forza di raccontare la sua storia. I tre giorni che hanno anticipato la sentenza d’appello fissata per il 9 settembre sono diventati un docu-film girato dal regista Adriano Sforzi, già vincitore con il suo primo corto del David di Donatello e aiuto di Ermano Olmi nei “Cento Chiodi”. Adriano, albenganese come Tommaso, ha deciso di fare qualcosa per questo sfortunato suo amico e concittadino, ma anche la città ligure si è mossa, il cortometraggio, che ha avuto un budget di circa 100.000 euro, è stato finanziato da donazioni da crowdfun- ding (una sorta di catena di Sant’Antonio su internet). Solo pochi giorni fa i genitori erano volati a Varanasi per stare vicino al figlio e impietriti avevano sentito la sentenza: ergastolo. A caldo la mamma non ha voluto rilasciare dichiarazioni ma ha fatto capire che il figlio era preparato a questa dura e ingiusta sentenza. Durante questa atroce permanenza Tommaso è riuscito a scrivere qualcosa come 1400 lettere per colmare quella distanza tra Albenga e l’India, per non dimenticare è diventato amico di Pempa, un ragazzo tibetano, e aspetta di capire quale sarà la sua sorte: un destino imprevedibile per questo ragazzo che era partito da casa per Londra, poi per l’India, per ritrovare se stesso, e che ora rischia di vedere la sua vita immersa in un tunnel buio, chiediamo allo nostro Stato, all’Italia, di fare qualcosa.