Yara Gambirasio, Bossetti è rimasto in agguato per ore i filmati lo inchiodano


Quando la ragazzina fu uccisa, il presunto omicida non era al lavoro, ma proprio a Brembate e nelle ore precedenti al delitto avrebbe spiato a lungo la vittima: lo inchiodano i filmati già acquisiti. Il giudice per questo ha respinto la richiesta di scarcerazione: “Contro di lui gravi indizi e la possibilità che uccida ancora”.

Massimo Bossetti, in quel maledetto giorno in cui Yara scompare, è lì a Brembate. È il 26 novembre 2010 e la tragedia non si è ancora consumata. Manca, però, soltanto qualche ora. Bossetti, il presunto killer, è lì, appostato con il suo furgone ad aspettare che la vittima esca di casa”. E questa l’ultima, importante e drammatica verità accertata dagli investigatori che indagano sulla morte della ragazzina di 13 anni. Proprio così: Massimo Giuseppe Bossetti, nel giorno in cui Yara si allontana da casa per recarsi in palestra a consegnare uno stereo, è a Brembate. Osserva la sua vittima da lontano, ne studia i movimenti, come forse ha già fatto in passato, e cerca di comprendere quando è il momento giusto per entrare in azione. E lì già da qualche ora. Quello è il giorno in cui ha deciso di ‘agganciare” Yara e costringerla a sdire sul suo furgone. Per questo raggiunge Brembate prima dellorario in cui la ginnasta esce di casa. E sicuro di non essere visto; e invece non sa che sta lasciando numerose tracce; sia telefoniche che visive. Da mesi il presunto assassino frequenta quel fazzoletto del territorio di Brembate che comprende la casa dei Gambirasio; la palestra di Yara e la fermata del bus che la studentessa prende per andare a scuola. Ma se Bossetti è sfuggito agli occhi e ai ricordi della gente, non è di certo sfuggito alle telecamere sparse proprio in quella zona. Non solo. Dallanalisi dei telefoni che i reparti specializzati delle forze debordine stanno eseguendo; emergerebbe con certezza che il muratore di Mapello è nei pressi dellabitazione di Yara, in via Rampinelli; proprio il giorno della sua sparizione. E appostato in quella zona, lo ripetiamo ancora una volta, già da qualche ora. Tra la casa di Yara e la palestra ci sono solo 500 metri; una distanza che la ginnasta, nell’ ultimo giorno della sua vita, percorre a piedi non sospettando di essere osservata e seguita. Non è news_img1_63200_yara-bossettidato ancora sapere come siano andate esattamente le cose, ma di sicuro il presunto assassino è lì e coiì la forza o con il consenso della stessa vittima riesce a far salire Yara sul suo furgone.

ANDAVA AL SOLARIUM 2 VOLTE LA SETTIMANA Non è la prima volta che Bossetti è in quella zona. Ormai da settimane, prima del 26 novembre, il carpentiere ha concentrato i suoi movimenti proprio in quei “maledetti” 500 metri. Una serie di interessi lo portano a frequentare assiduamente le zone adiacenti a via Rampinelli e alla palestra. Per non darenellocchio è solito recarsi, anche due volte alla settimana, nel centro estetico che è proprio a una manciata di metri dallabit azione dei Gambirasio e a 150 metri dalla fermata del bus che Yara prende per andare a scuola. È sempre lì vicino che Bossetti viene notato mentre acquista figurine o riviste in un edicola. Così come è sempre lì intorno che Bossetti viene immortalato dalle telecamere mentre è in un distributore e mette il carburante ai suoi mezzi; un Audi V40 station wagon e un furgone Iveco Daily, che usa per lavoro. Quindi Bossetti si è appostato a Brembate molto prima della scomparsa di Yara. Ma non aveva detto agli inquirenti che il 26 novembre 2010 era stato tutto il giorno al lavoro? L’ipotesi che il presunto assassino sia proprio nei pressi della casa di Yara già alcune ore prima del defitto è confermata anche dal fatto che quel giorno al lavoro Bossetti non ci è andato. Come riferito dal quotidiano U Corriere della Sera, dalle analisi dei suoi telefoni è emerso che il carpentiere il 26 novembre non si trovava affatto nel cantiere di Palazzago, dove sostiene invece di essere stato. Eppure quando i giudici chiedono al muratore perché si trovava in quella zona nel giorno della scomparsa di Yara, l’uomo risponde deciso: «Passavo dalla zona del centro sportivo perché tornavo dal cantiere di Palazzago e andavo a casa». Così non può essere, e Massimo Giuseppe Bossetti ancora una volta sembra aver mentito. Non solo. Il 19 giugno scorso Bossetti, interrogato dal giudice delle indagini preliminari, risponde: «Il 26 novembre 2010 sono andato al lavoro e la sera sono rimasto a casa con mia moglie e i miei figli». Questa circostanza non è vera e gli inquirenti hanno in mano prove schiaccianti che lo dimostrano. D’altronde Giallo aveva già riferito ai suoi lettori che Massimo Bossetti, nel corso dei tre interrogatori in presenza dei suoi due legali, si era più volte contraddetto. Piano piano tutte le bugie stanno venendo alla luce e la posizione dell’artigiano edile si aggrava giorno dopo giorno. Non più solo il suo Dna, rinvenuto sotto gli slip e i leggings di Yara, che da solo basterebbe a incastrarlo, ma anche la sua costante presenza, anche nel giorno della scomparsa della studentessa, proprio a Brembate nei pressi dell’abitazione dei Gambirasio inguaiano ulteriormente il carpentiere di Mapello. Gli avvocati difensori su questa circostanza hanno tuttavia dichiarato: «Massimo Giuseppe Bossetti non ha mai detto di essere andato al lavoro tutto il giorno, ma di esserci andato solo alla mattina».

PUO’ UCCIDERE ANCORA DEVE RESTARE I CELLA  Intanto, il giudice per le indagini preliminari Ezia Maccora ha respinto Tistanza di scarcerazione presentata dagli avvocati Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti, legali di Massimo Bossetti, con queste pesantissime motivazioni: «Sussistono gravi indizi di colpevolezza e ce il pericolo di reiterazione del reato». In altre parole, nei confronti del carpentiere edile di Mapello ci sono indizi che fanno ritenere che l’assassino di Yara sia proprio lui. Inoltre, per il gip, Bossetti è un uomo pericoloso e, una volta libero, potrebbe uccidere ancora. Bossetti resta dunque in carcere. Andiamo avanti. Sul fronte della difesa si registra un’altra novità importante. Gli avvocati del muratore hanno chiesto una nuova estrazione del Dna dalle macchie di sangue trovate sui vestiti di Yara, in modo da fare una nuova comparazione con il profilo genetico di Bossetti. Sarà possibile farlo? Secondo numerosi fonti sì (a riguardo potete leggere a pagina 13 alcune domande che abbiamo posto a Luciano Garofano, l’ex comandante del Ris). Il sangue lasciato dal killer, infatti, come anticipato da Giallo la scorsa settimana, era tanto. Non si trattava di minuscole macchie, come si era inizialmente detto, ma di una copiosa quantità. In conclusione: le prove contro Bossetti saranno sufficienti a decretare il suo rinvio a giudizio? L’indagine prosegue, ma giorno dopo giorno si aggiungono nuovi elementi. Il quadrò accusatorio, ormai, è quasi completo.

 

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