Chiara Poggi il procuratore, Laura Barbaini, vuole il massimo della pena per l’ex fidanzato della giovane di Garlasco


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Non ce un movente, non abbiamo trovato nulla che possa aver spinto Alberto Stasi a uccidere la sua fidanzata. Ma questo non è importante”. Così il procuratore Laura Barbaini ha esordito al processo per lomicidio di Chiara Poggi, nella sua requisitoria finale. Una ricostruzione durata ore che non ha aggiunto nulla alle ricostruzioni già fatte in questi sette anni: secondo la procura Alberto Stasi quel 13 agosto 2007 arriva a casa Poggi in bicicletta, dopo una furibonda lite colpisce Chiara con un oggetto di metallo, prova a nasconderla sulle scale della cantina, corre a casa, si ripulisce, accende il pc e finge di lavorare alla sua tesi di laurea fino alle 13, quasi un’ora dopo chiama il 118 e va dai carabinieri a dare l’allarme, senza rimettere piede nella villetta di via Pascoli. E proprio su quest’ultimo punto la procura ha deciso di giocarsi tutto: sulla perizia che ha analizzato la camminata di Alberto Stasi e che ha stabilito che Alberto non poteva non sporcarsi le scarpe. Come poteva entrare in casa, vedere la sua fidanzata morta e avere le scarpe Lacoste pulite? Si chiede la procura. Non era possibile, motivo per cui, secondo Laura Barbaini Alberto mente e ha mentito in tutti questi anni. Non è entrato in casa perché sapeva già che cosa c’era in casa. E lo sapeva perché è lui l’assassino. E d’altra parte, se non lui, chi? Questo è il centro dell’accusa, per questo Alberto ora rischia 30 anni di carcere: tanto, infatti, ha chiesto il procuratore alla fine A della sua requisitoria. Trentanni di carcere per l’omicidio di Chiara Poggi. Senza un perché.

IL SANGUE ERA TUTTO SECCO Rispetto ai processi precedenti, dunque, secondo l’accusa la vera novità è rappresentata dalla “camminata sperimentale” estesa ai gradini delle scale su cui è stato trovato il corpo di Chiara. Anche se la perizia ha confermato il fatto che il sangue, alle 13.30, orario in cui Alberto dice di essere entrato nella villetta, era davvero ormai tutto secco. Il ragazzo, secondo la difesa, può benissimo aver calpestato le macchie senza sporcarsi le suole: il sangue secco si spacca in piccolissimi pezzi. Le scarpe Lacoste di Alberto Stasi, inoltre, sono state sequestrate ben 19 ore dopo che il ragazzo ha dato l’allarme. In tutto quel tempo la suola può aver perso le tracce della polvere di sangue in mille modi. Se per esempio Stasi si fosse strofinato in uno zerbino, o fosse passato su un prato umido, le suole avrebbero rilasciato le micro tracce di sangue, risultando pulite alle analisi scientifiche. Infatti anche le suole dei due carabinieri entrati in casa Poggi dopo Stasi sono risultate negative ai controlli dei Ris. Eppure anche loro avranno calpestato macchie di sangue, dato che le perizie hanno stabilito l’impos- sibilità di “saltarle”. D’altra parte, nella villetta di via Pascoli non sono state trovate le impronte delle Lacoste di Stasi ma sono state trovate le impronte dell’as- sassino: e proprio le indagini del procuratore Laura Barbaini hanno portato a scoprire che chi ha ucciso Chiara indossava scarpe di marca Frau, tipo sneaker, numero 42. Un tipo di scarpa che non è stata trovata tra quelle a disposizione di Alberto Stasi. Nemmeno le indagini condotte sulla bicicletta hanno portato a un risultato contrario a Stasi: la bici con cui sarebbe andato a commettere homicidio della sua fidanzata, infatti, non è stata trovata. Non è la Umberto Dei, sequestrata sette anni fa, non è nemmeno la bici nera sequestrata ad aprile, proprio in questo nuovo processo: la testimone, Franca Bermani, ne ha infatti descritta una totalmente diversa. Con quale bici dunque Alberto Stasi si sarebbe recato in via Pascoli? Se èlassassino dev essersi dunque sbarazzato sia della bici che delle scarpe Frau. Ma quando? E dove sono le prove che Stasi abbia posseduto una bici come quella descritta e un paio di scarpe come quelle che hanno lasciato le impronte insanguinate in casa Poggi? I giudici avranno altro tempo per rifletterci sopra. La sentenza, infatti, è prevista per il prossimo 17 dicembre, a cinque anni esatti dal verdetto di primo grado pronunciato dal gup di Vigevano Stefano Vitelli. Un verdetto che era stato di assoluzione.

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